La grande opera di Gianluca Lioni
da “Il Mattino”
Lioni e Fina hanno raccolto più di duemila anni di frasi e proclami che hanno fatto la storia…
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ROMA – Renzi twitta. Uno dei suoi predecessori – poi affidato ai servizi sociali – preferiva le barzellette. Il programma politico del leader dell’attuale principale forza d’opposizione,ha trovato invece sintesi in un solo, fulminante, pensiero: «Vaffanculo!». E se un giorno si vorrà ricordare uno dei momenti più alti dell’elaborazione politica padana, non si potrà non rievocare l’ormai mitica esternazione dell’Umberto: «Ce l’ho duro». Tra gli slogan, le parole d’ordine e i discorsi di questi tempi, resteranno«Che c’azzecca?»,«Con la cultura non si mangia»,«Non c’è trippa per gatti».Tanto per dire. Ogni epoca ha le parole che merita: il segno – come indica la semiologia – è qualcosa che sta al posto di un’altra cosa. Se ci sono parole e discorsi che hanno fatto la Storia, ci sono uomini e donne che quei discorsi li hanno pronunciati e che la Storia non l’hanno solo rappresentata, ma perfino indirizzata. Pensate al famoso (e ipocrita) apologo di Menenio Agrippa, «pompiere» dello sciopero del Monte Sacro del 495 avanti Cristo. Con la storiella delle membra e dello stomaco, teorizzò in sostanza che la plebe restasse plebe e che chi si ingozzava continuasse ad ingozzarsi.
Dovrà passare mezzo millennio prima che un rivoluzionario discorso sovvertisse completamente l’universo dei valori dominanti. È il Discorso della Montagna, pronunciato dal giudeo palestinese Gesù di Nazaret, che proclama beati non i potenti, i ricchi,i forti,mai poveri, gli afflitti, i puri di cuore, i miti, gli affamati. Da Pericle a Obama, da Socrate a Simòn Bolìvar,da Lorenzo de Medici a Lenin, ogni progetto, ogni svolta,ogni battaglia e ogni rivoluzione, hanno conosciuto l’eloquenza della prefigurazione di un ordine futuro. Il lavoro di Gianluca Lioni e Michele Fina (I 100 discorsi che hanno segnato la Storia, Editori Internazionali Riuniti, pagg. 330, euro 18) è qualcosa in più di una raccolta antologica. Parole e proclami, giuramenti e dichiarazioni, programmi e filippiche, sono contestualizzati e storicizzati nei cento paragrafi. Ogni discorso diventa così la chiave per interpretare lo spirito di un’epoca. O di un passaggio. O di una svolta. Come le sorti dell’impero azteco, segnate dal drammatico discorso di Montezuma, signore dei signori, che l’8 novembre del 1519 si inchina davanti a Cortès – uomo barbuto dalla pelle bianca, che lui ha scambiato per Quetzalcoatl, il divino Serpente piumato – e mormora deferente e stupito: «Non sto semplicemente sognando: io ho davvero posato lo sguardo su di te». Parole che decretano la fine di una civiltà e l’inizio di un genocidio. Alla fede errata di Montezuma corrisponderà due anni dopo, nel 1521, la fiera«protesta» di Lutero,che alla Dieta di Worms scandirà con insolenza: «Io non credo né al papa né ai concili, essendo evidente che spesso hanno errato e si sono contraddetti… Qui sto fermo. Non posso fare altro». È l’alba del protestantesimo, che stravolgerà il volto spirituale e politico dell’Europa. Ancora oggi ha invece il sapore acre della resa davanti all’arroganza del potere l’abiura pronunciata da Galileo, che il 22 giugno del 1633, prostrato di fronte ai suoi ignoranti aguzzini in sottana, si piega a rinnegare «la falsa opinione che il Sole sia centro del mondo e che non si muova, e che la Terra non sia centro del mondo e che non si muova». Dunque«con cuor sincero e fede non finta, abiuro, maledico e detesto – è costretto a scandire il vecchio uomo di scienza – li suddetti errori ed eresie».
E non solo, Galileo promette la sua delazione: «se conoscerò alcun eretico o che sia sospetto d’eresia, lo denonzierò».
Trentatre anni prima Giordano Bruno era stato mandato al rogo dalla Santa Inquisizione, preceduto da ben altre parole: «Non voglio pentirmi. Non ho di che pentirmi. Non so di cosa pentirmi». Ma è dal Novecento, secolo inquieto e tempestoso, di guerre edi rivoluzioni, che provengono i discorsi di un’umanità che sente di essere e voler essere protagonista della sua Storia. È il 3 aprile del 1917, quando Lenin, tornato dall’esilio, scende da un treno blindato alla stazione di San Pietroburgo (che diventerà poi Leningrado) e profetizza: «L’alba della Rivoluzione socialista mondiale è già sorta… La Rivoluzione russa ha preparato la strada e ha aperto una nuova epoca». Comincia così il «secolo breve». Conterrà sangue, macerie, rovine e speranze, scanditi da discorsi rimasti scolpiti nel tempo. «Potevo fare di quest’aula sorda e grigia un bivacco di manipoli: potevo sprangare il Parlamento e costituire un governo esclusivamente di fascisti. Potevo: ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto»: è la minaccia di Benito Mussolini, pronunciata a Montecitorio il16novembredel 1922, dopo la Marcia su Roma. Poi lo farà davvero: svuoterà il parlamento, nascerà la dittatura fascista. Undici anni dopo, a Berlino, Adolf Hitler, diventato cancelliere, in un altro celebre discorso, assicura: «Da oggi sarò il primo soldato del Reich». Promessa mantenuta. «No passaran», non passeranno, sono invece le parole gridate da una donna, Dolores Ibarruri, la Passionaria, mentreMadridnel1936 si prepara a difendere con le armi la Repubblica contro l’assalto fascista.«Condannatemi, non importa: la Storia mi assolverà », annuncerà nel 1953 dall’altra parte del mondo, a Cuba, un irriducibile Fidel Castro, davanti al tribunale che lo sta processando per insurrezione.
Traidisco i destinatiari correre nei libri di storia c’è quello di Yasser Arafat, allora presidente dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina, che il 13 novembre del 1974 parla per la prima volta all’Onu: «Oggi sono venuto portando un ramoscello d’ulivo in una mano e il fucile del combattente per la libertà nell’altra. Non lasciate che il ramoscello d’ulivo mica da di mano. Ripeto: non lasciate che il ramoscello d’ulivo mi cada di mano». In Palestina, oggi, ancora si combatte. Mail discorso più celebre del Novecento, per la sua forza profetica, è forse quello riecheggiato a Washington il 28 agosto del 1963.
I have a dream… io ho un sogno
…ripete tra applausi e lacrime Martin Luther King, leader della rivolta nera non-violenta. Il sogno «che questa nazione si leverà in piedi e vivrà fino in fondo il senso delle sue convinzioni: noi riteniamo evidente questa verità, che tutti gli uomini sono stati creati uguali». Martin Luther King verrà ucciso da un razzista bianco il 3 aprile del 1968. Il Novecento avrebbe conosciuto ancora altre guerre e altri conflitti.
Altri discorsi e altre parole, pesanti come pietre. Che oggi magari vale la pena andare a ripescare, tra il cicaleccio di facebook e l’insostenibile leggerezza di un tweet.
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