SEGNALAZIONI ED OPINIONI

Istat: un cittadino su 10 rinuncia alle cure

Le cause sono: per motivi economici o per le lunghe attese

.ROMA – Il 9,5 per cento degli italiani si vede costretto a rinunciare alle cure sanitarie per lungaggini nei tempi di attesa o per motivi economici.

E’ quanto emerge dal rapporto annuale Istat per il 2015: le criticità si registrano maggiormente nel Mezzogiorno (dove la quota sale al 13,2 per cento) e si riducono nelle regioni del Nord-Ovest.

Due eccezioni vengono invece registrate in Sardegna e Puglia, che si discostano dalle medie negative della zona centro meridionale.

Il grado di soddisfazione espresso dai cittadini per il Sistema sanitario nazionale, soprattutto per quanto riguarda l’accessibilità ai servizi, è più basso fra i residenti del Mezzogiorno, ad eccezione di alcune realtà della Puglia e della Sardegna, a conferma di una variabilità intra-regionale già evidenziata in precedenza“, si legge nel rapporto.

E proprio questi squilibri, secondo l’Istat, possono essere alla base del deficit finanziario delle Regioni e della difficoltà delle stesse nel garantire i livelli essenziali di assistenza, previsti dal titolo V della Costituzione e dal decreto legislativo sul federalismo fiscale.

OCCUPAZIONE – L’occupazione è tornata a crescere nel 2014 per i lavoratori “più anziani”, con 320mila occupati in più nella fascia over55 (in aumento dell’8,9 per cento) mentre continua a diminuire per i più giovani che vedono una contrazione di 46mila posti per gli under 25 e di 148mila posti per gli under 35.

SPOPOLAMENTO – Il maggior numero di abitanti, sempre secondo il rapporto dell’Istat, si concentra nelle regioni del centro-nord (18 milioni), mentre un grave spopolamento si registra nella zona del “Mezzogiorno interno”, composto da 140 sistemi localizzati lungo l’Appennino tra l’interno del Lazio e la Lucania, ma anche in Calabria, Sicilia interna e Sardegna centrale.

Quest’ultima categoria include territori che si stanno spopolando da decenni, con una popolazione essenzialmente anziana e un mercato del lavoro asfittico.

.

.

.

.

.