POLITICA

Il G7 del 2017 verso La Maddalena

Il Corriere della Sera

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L’idea del governo: utilizzare le strutture mai usate nel 2009 quanto il summit fu spostato, dall’allora premier Berlusconi, a l’Aquila. Il «trasloco» rese di fatto inutili i lavori portati a termine a tempo record con costi ingentissimi.

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dylan-dogROMA – «L’assassino torna sempre sul luogo del delitto, specialmente se la prima volta non è riuscito a commetterlo», dice Groucho in una delle storie di Dylan Dog. Non ci sarebbe battuta migliore di questa, pronunciata dal personaggio fumettistico chiaramente ispirato al comico Groucho Marx, se volessimo raccontare con il necessario sarcasmo ciò che potrebbe accadere a La Maddalena. Perché l’idea di organizzare il G7 del 2017 in quel paradiso naturale che doveva essere la sede del G8 del 2009, poi fatto traslocare a L’Aquila da Silvio Berlusconi è più che una semplice suggestione.

A Palazzo Chigi sta prendendo corpo l’ipotesi di curare la dolorosa ferita inferta a La Maddalena con la stessa medicina: il medesimo grande evento abortito per cui lo Stato ha già dissipato quasi mezzo miliardo di euro in opere faraoniche gestite dalla cricca degli appalti della vecchia Protezione civile, di fatto mai utilizzate e lasciate lì da anni a marcire in balia dell’incuria e della salsedine. La proposta è maturata nel corso di una serie di incontri riservati con esponenti della giunta regionale sarda presieduta da Francesco Pigliaru.

Da tempo, comitati locali si battono perché quello sconcertante disastro venga  affrontato, nel più completo disinteresse dei governi che di volta in volta si sono succeduti: ben quattro dal 2009. Qualche settimana fa è iniziata a Sassari una raccolta di firme promossa dallo storico dell’arte Amedeo Chessa e da Paola Guerra Anfossi, direttrice della Scuola internazionale Etica & sicurezza dell’Aquila, proprio per chiedere a Matteo Renzi di indicare La Maddalena come sede del prossimo G7 da tenersi in Italia fra due anni, persuasi che soltanto in questo modo si possa dare una svolta a una situazione scandalosamente surreale. Convinzione che sembra ora aver fatto breccia anche a Palazzo Chigi.

ex aRSENALEPerché ogni giorno che passa, il degrado si mangia un pezzo del «Main conference» dove i rivestimenti cadono a pezzi, dell’hotel a cinque stelle che avrebbe dovuto ospitare i potenti della Terra, degli spazi pubblici, dei giardini…

Quando non ne salta fuori addirittura una nuova. La settimana scorsa, per esempio, i magistrati hanno scoperto una discarica abusiva di un ettaro. C’erano interrati i resti delle demolizioni dei cantieri della cricca, compresa a quanto pare una grande quantità di amianto. I lavori con il bollino della Protezione civile che inquinano un luogo che doveva essere disinquinato: bel colpo. Il che pone adesso il problema di una seconda bonifica. Dopo che con la prima è successo quello che è successo. E qui bisogna fare un passo indietro.

Siamo nel 2009. La concessione per gestire le strutture ricettive dopo il G8 fantasma viene assegnata alla Mita resort dell’ex presidente di Confindustria Emma Marcegaglia. Il concessionario dovrebbe versare 31 milioni subito e poi pagare un canone di 65 mila euro l’anno: una inezia, per un posto che dovrebbe richiamare un turismo nautico di altissimo livello con la possibilità di ospitare yacht di cento e più metri. Tutto è però legato alla bonifica dello specchio di mare antistante. Che nessuno fa. Ragion per cui l’operazione non decolla e Mita resort trascina la Protezione civile davanti a un collegio arbitrale con una richiesta di 210 milioni di danni. Gliene vengono riconosciuti 39 e la concessione viene dichiarata risolta. Con il paradosso che mentre Emma Marcegaglia è in causa con lo Stato il governo di Matteo Renzi la nomina al vertice dell’Eni. Ovvero, la più grande e importante impresa statale.

Ma non finisce qui. Sorvoliamo sui contenziosi relativi alla proprietà, un altro incredibile pasticcio che occuperebbe troppo spazio per essere raccontato nei dettagli. Vi basti sapere che il padrone dovrebbe essere la Regione Sardegna, ma probabilmente si ridurrà a essere soltanto il custode giudiziario. Il problema continua a essere la bonifica, che ha richiesto più di un anno per il solo progetto. E poi la causa con la società della presidente dell’Eni, non ancora risolta. La Protezione civile, che a perdere tutti quei soldi non ci pensa minimamente, ha fatto ricorso contro il lodo arbitrale. Nel ricorso, per giunta, si cita anche la Regione Sardegna, con il nemmeno troppo sorprendente risvolto tutto italiano di un pezzo dello Stato che chiama in giudizio un altro pezzo dello stesso Stato. Il tutto davanti alla Corte d’appello: la quale, a conferma della straordinaria efficienza della giustizia italiana, ha fissato la prima udienza per il merito della questione, tenetevi forte, al giorno 2 novembre 2018. Fra tre anni esatti.

È chiaro che nemmeno il G7 potrà sciogliere una selva tanto intricata di carte bollate e inchieste giudiziarie. Ma si potrà mettere fine a certe indolenze e assurdità burocratiche, nella speranza che tutti quei soldi non finiscano una volta per tutte nel cestino. A La Maddalena e a tutti i contribuenti almeno questo era dovuto.

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