Pino Arlacchi: “Guerra e industria della paura: Putin รจ utile come nuovo Covid”
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ROMA – Il delirio bellicista e antirusso dei media europei deve certo preoccupare, ma non oltre un certo punto. State certi che gli stereotipi apocalittici del tipo โIl mondo non sarร piรน quello di primaโ, โLa piรน grande crisi dopo il 1945โ, โSullโorlo della terza guerra mondialeโ non dureranno a lungo. Verranno dismessi non appena si profilerร un nuovo Grande Nemico al posto di Putin e della Russia.
Non รจ questione di geopolitica. O di valori e di passioni. Ma di interessi. Gli interessi dellโindustria della paura che semina panico e rancore allo scopo di vendere copie ed alzare ascolti. Unโindustria subdola, alleata di quella militare, soprattutto americana, che va in giro per il mondo in cerca di nemici mortali da combattere. Parliamo di una macchina mediatica che si nutre di calamitร reali da gonfiare fino allโinverosimile, vedi Covid, per poi sgonfiarle e passare ad altro. Parliamo di un vento mercenario che trasforma crisi limitate in disastri soffiando sul fuoco della guerra e delle armi, vedi Russia-NATO-Ucraina. Parliamo di un esercizio di cinismo informativo che monta e smonta allarmi epocali senza dare spiegazioni, vedi terrorismo islamico e conflitti mediorientali. ร da qui, dal recente declino delle guerre in Medioriente, e dal parallelo calo degli attentati terroristici, che bisogna partire per capire le ragioni piรน nascoste della guerra in corso.
Il partito della paura ha due forze motrici: lโindustria mediatica e quella della sicurezza. Entrambe hanno ridotto in schiavitรน la politica organizzata. Dopo lโ11 settembre 2001 i temi dominanti della fabbrica del panico sono stati la guerra al terrorismo ed ai regimi mediorientali nemici delle cosiddette democrazie liberali. Gli Stati Uniti e gli europei tramite la NATO hanno condotto una serie di guerre tanto sanguinose quanto disastrose negli esiti: in Iraq si รจ sterminato quasi un milione di persone per installare un governoโฆfilo-iraniano; in Afghanistan si รจ stati sconfitti da unโarmata di straccioni e in Siria, dopo aver promosso una guerra civile da mezzo milione di morti, รจ rimasto al potere Assad. Il tutto con lโentusiastico sostegno dei mezzi di comunicazione e dei produttori di armamenti schierati a difesa della democrazia e della libertร .
Nel 2016 Trump ha preso atto del fiasco ed ha iniziato un ritiro delle truppe occidentali concluso da Biden con la fuga dallโAfghanistan. I profeti di sventura preconizzavano unโimpennata della violenza, del caos e dei conflitti. Si รจ verificato lโesatto opposto. Venuta meno la causa scatenante, che era lโintervento occidentale, vittime e attentati terroristici si sono ridotti di oltre la metร , e continuano a ridursi in Medioriente e nel resto del mondo. Tra Siria ed Iraq, la riduzione delle vittime supera il 90%, e il principale problema dellโAfghanistan oggi รจ la fame e non piรน la guerra.
Gli sventurologi erano in ansia. Il mondo rischiava di diventare piรน sicuro, e il loro business poteva soffrirne malamente. Declinato il grande scontro di civiltร , dove trovare il nuovo Satana da sconfiggere per salvare appalti, lettori e ascoltatori?
La lotta allโimmigrato ha funzionato poco, perchรฉ รจ andata a beneficio del solo complesso mediatico e dei partiti populisti, lasciando a secco la componente militare ed i partiti di governo. La lotta alla criminalitร aveva una sua potenzialitร , ma รจ stata ostacolata dallโimprovvido declino, soprattutto in Europa, della violenza criminale. Lโarrivo inaspettato del Coronavirus รจ stata la classica manna, ma รจ durato solo un paio di anni. Finchรฉ non รจ arrivato Putin con la sua guerra sciagurata contro lโUcraina che sembra fatta su misura dellโindustria della paura, e della paga dei soldati ร la Riotta. I politici scadenti dellโUE ora non sanno come affrontare una crisi molto meno grave di quella dei missili a Cuba che nel 1962 ci ha portati davvero a un soffio dalla guerra nucleare. Ma allora cโerano in scena statisti come Kennedy e Krusciov, e lโindustria della paura non era cosรฌ potente.
Pino Arlacchi
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