Maddalena, degrado e veleni in mare: dimenticato il polo per il G8 (mai fatto)

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RASSEGNA STAMPA

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IL CORRIERE DELLA SERA – «La Maddalena (A Madalena in gallurese, Sa Madalena in sardo) è un comune italiano di 10.635 abitanti della provincia di Sassari costituito dall’arcipelago di La Maddalena facente parte dell’omonimo parco…». Ma come, chiederete, ci vuoi leggere Wikipedia? No, ma siccome Christian Solinas, da quando è governatore e Commissario Straordinario non ha trovato un minuto in tre anni e mezzo per andare a vedere in quali condizioni disastrose versano le opere millenaristiche costruite per il G8 del 2009 e mai (mai!) usate vale la pena di partire dall’inizio.

Meglio: dalla fine. L’indecoroso cadavere del grande hotel di lusso ricavato dall’ex ospedale militare sulla strada litoranea più trafficata, un cinque stelle senza una spiaggia, senza un giardino, senza un albero, senza una piscina, senza una spa, costato oltre 91 milioni di euro attuali (902.970 euro per ognuna delle 101 camere: mai arredate!), giace abbandonato dietro un’alta palizzata carceraria. Pavimentazione sgretolata, erbacce, piante e alberelli che sbucano ovunque. Unico segno di vita il militare di turno addetto a fermare eventuali curiosi che, non sia mai!, potrebbero fare foto imbarazzanti. Per capirci: se anche esistessero aspiranti ospiti e occupassero mediamente 70 camere al giorno pagando 200 euro a notte per 100 giorni l’anno (magari!) le spese rientrerebbero in 65 anni.

Ammesso che chef, camerieri, sommelier e così via lavorassero gratuitamente. E il cibo e i vini arrivassero da Babbo Natale… Un investimento demenziale. Tant’è che non c’è un solo albergatore, in tanti anni, che si sia sognato di fare un’offerta. Marameo!

Per non dire del resto. A partire dall’avveniristico centro congressi progettato da Stefano Boeri e proiettato come un immenso sperone luccicante sull’acqua, bellissimo il giorno dell’apertura-risarcimento ai visitatori, a metà settembre 2009 (dopo il G8 spostato all’Aquila), per la presentazione delle Louis Vuitton series ma oggi irriconoscibile per la facciata «ventilata con esagoni di vetro» via via sbrindellata e spazzata via dal vento e dalla sciatteria d’una manutenzione vergognosamente mai fatta. Così come da anni, dopo una stagione di apertura ai tempi in cui tutto l’insieme era stato affidato a Emma Marcegaglia (poi rimborsata con 21 milioni di euro per «mancato guadagno» visto che le acque non erano state bonificate) non c’è la minima cura per l’hotel Porto Arsenale (detto ironicamente «Hotel Obama» perché lì doveva andare) oggi abbandonato a se stesso senza che un’anima pia abbia un po’ di pietà e butti un po’ di acqua alle piante maestose annientate da siccità e menefreghismo. E lo stesso vale per tutte le altre strutture portuali, ricettive, formative e convegnistiche che dovevano «trasformare l’Arsenale della Maddalena in uno dei principali poli marittimi del Mediterraneo occidentale». La darsena turistica, le Provveditorie Marine, lo «Stecco» di alloggi per gli ospiti… Tutto ruggine. Scalcinato. Corroso. Assediato dalle sterpaglie…  E questo è quello che si vede! 

Peggio ancora è quanto sta sotto, sui fondali. Lo spiegava anni fa, in un servizio di Fabrizio Gatti e Lirio Abbate, un tecnico che lavorava agli scavi: «Più scavavi nel fondale, più trovavi fanghi contaminati. La benna tirava su melma densa come cioccolata e nera come pece. Erano sicuramente idrocarburi pesanti. Hanno deciso di lasciarli lì perché senza la costruzione di una diga ermetica, avrebbero inquinato l’arcipelago».

Liquami abbandonati dai militari americani e italiani, del tutto indifferenti per decenni al tema dei veleni tossici. E così melmosi che «là sotto» gli stessi sommozzatori addetti alla sicurezza non avrebbero mai potuto offrire certezze. Al punto che Silvio Berlusconi, fino ad allora duro con i giornalisti che «scrivevano notizie non vere» sui ritardi e così ottimista da invitare al G8 Gheddafi «a parlare dell’Africa al mondo intero», decise alla fine di aprile del 2009 di usare la faccenda come scusa per spiegare come mai, di colpo, aveva spostato il summit all’Aquila: «C’erano preoccupazioni per il sistema di sicurezza». Dopo di che spiegò che certo, forse quella della Maddalena «sarebbe stata una sede eccessivamente lussuosa, non in sintonia col momento che attraversiamo globalmente», ma «i lavori continueranno e arriveranno al completamento assoluto e totale» e questo «più importante centro di attrazione del Mediterraneo» accoglierà «almeno otto grandi manifestazioni all’anno». Sì, ciao… di risorse, come Pierfranco Zanchetta, (già assessore provinciale all’ambiente e deputato regionale) non sono ancora finiti. E dopo tanti scandali, processi, silenzi, condanne, assoluzioni, promesse, inchieste della Corte dei Conti, reportage e polemiche d’ogni genere, tira un’aria sempre meno ottimista.

Sia chiaro: addossare il fallimento del progetto al solo Cavaliere o ai suoi collaboratori non sarebbe giusto. Forse fu un errore la stessa scelta iniziale di Romano Prodi e dell’allora governatore sardo Renato Soru, attaccati un po’ da tutti, dai forzisti agli indipendentisti fino ai no global, convinti che la decisione fosse stata presa non per amore dell’isola ma per isolare i black block dopo il G8 di Genova. Certo non sono stati all’altezza della sfida i diversi premier e i vari governatori di destra e di sinistra e così i sindaci e i partiti e le burocrazie alternatisi negli anni. Fatto è che dal momento dell’annuncio dell’opzione Maddalena, 14 giugno 2007, sono passati oltre quindici anni. E i lavori già costati più o meno ufficialmente 328 milioni, pari a 402 milioni di euro di oggi (ammesso che dai e dai i costi veri non siano addirittura più alti, come temono molti dei più combattivi avversari dell’enorme spreco di risorse, come Pierfranco Zanchetta, già assessore provinciale all’ambiente e deputato regionale) non sono ancora finiti. E dopo tanti scandali, processi, silenzi, condanne, assoluzioni, promesse, inchieste della Corte dei Conti, reportage e polemiche d’ogni genere, tira un’aria sempre meno ottimista.

Tanto più che le bonifiche, già spacciate per eseguite da Berlusconi («è stata fatta la più grande bonifica ambientale mai fatta in Italia» – (rif. Ansa 4/12/08) – devono ancora essere effettuate sul serio e tutta l’area interessata è di fatto tuttora inutilizzabile. Peggio: dopo essere sbarcato per un tour elettorale poco prima di diventare governatore, il sardo-leghista Christian Solinas non risulta essere più tornato alla Maddalena. Di più: nonostante sia stato scelto e confermato come Commissario Straordinario per le Bonifiche da quattro governi – (Gentiloni, Conte giallo-verde, Conte giallo-rosso e Draghi), nello stesso archivio regionale Ansa dove spicca per oltre tremila citazioni, si trovano solo suoi sparuti accenni. Tra i quali, più di due anni fa, questo: «Come Commissario ma ancor più come presidente della Regione ho ritenuto doveroso, dopo anni di ritardi, imprimere un’accelerazione decisiva…». Sinceramente: chi l’ha vista?

Fatto sta che a un certo punto, informato sul degrado delle opere destinate al G8, lo stesso governo Draghi è intervenuto con un decreto che dava a Solinas tre milioni e mezzo l’anno per il 2022, 2023 e 2024 «per la manutenzione straordinaria» del patrimonio sempre più degradato e assegnava alla sua struttura commissariale una pattuglia composta da un dirigente e tre funzionari che si dedicassero espressamente al problema. Troppo poco? Forse. Era comunque un segnale di attenzione.

Sono passati più di sei mesi. Silenzio. Totale. E non sono stati fatti neppure i bandi…

(Gian Antonio Stella)

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