Al Quaeda a Olbia: nel mirino il G8

Sultan aveva accesso nelle aree riservate che avrebbero ospitato Obama.

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L’intelligence americana entrò in fibrillazione quando il Ros segnalò la presenza del pakistano nel cantiere. Possibile attentato programmato alla Maddalena, così come per il Vaticano

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OLBIA – L’inquietante ritratto che emerge dagli atti della Dda di Cagliari dipinge Sultan Wali Khan – il trentanovenne leader mediorientale, e punto di riferimento della comunità pachistana nell’isola – come un freddo e spietato dirigente di al Qaeda. Il capo indiscusso di una cellula attiva di terroristi di matrice islamica in Italia.

Il G8. La sua presenza, nel febbraio del 2008, all’interno dell’ex ospedale della Marina Militare della Maddalena, durante i lavori di ristrutturazione per il mancato vertice del G8, venne registrata dai carabinieri del Ros. Una segnalazione “riservata” ai servizi segreti militari e finita sul tavolo dell’Fbi americana che mandò in fibrillazione l’apparato di secret service che tutela l’incolumità del presidente. Gli americani pretesero dalla Farnesina, nel marzo successivo, la consegna della struttura che doveva ospitare il presidente degli Stati Uniti Barack Obama per approntare le misure di sicurezza necessarie.

L’attentato. Com’era accaduto per il Vaticano, anche per mancato il Vertice dei grandi c’è il fortissimo sospetto che la “cellula” fosse in procinto di compiere un attentato terroristico, sventato dopo il trasferimento del vertice all’Aquila. «Inshallah (se Dio vuole) tutto questo sarà chiarito – grida al mondo, da tre giorni, Fazal I Raman, il fratello minore di Sultan –: lui non è un terrorista, ma soltanto un gran lavoratore un uomo buono». (La Nuova Sardegna)

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Il mistero del testamento del kamikaze

C’è un giallo nell’indagine sulla cellula olbiese di Al Qaeda. E’ il giallo del “pizzinno”, il foglietto di carta, che fu trovato nel lontano 2005 nell’abitazione di  Khan Sultan Wali, il commerciante arrestato nel blitz. Si trattava della preghiera del martire musulmano, l’addio del kamikaze.

Secondo quanto hanno riferito gli investigatori, fu scoperto per un caso inquietante. Poco prima del ritrovamento, Khan Sultan Wali era giunto in nave al porto di Olbia, al ritorno da un viaggio. E uno dei cani addestrati all’individuazione degli esplosivi gli aveva abbaiato contro. Però il commerciante non aveva alcun esplosivo con sé. Per preacauzione gli fu perquisita la casa. E fu trovato quel foglietto.
La scena ora si sposta di quattro anni in avanti. Siamo nel 2009. Khan Sultan Wali, sempre residente a Olbia e attivo come imprenditore, vince un appalto per i lavori del G8 della Maddalena, il summit mondiale tra i grandi della Terra. Ha uno staff di collaboratori. Uno di loro, si scoprirà in seguito, è un talebano. Ma il commerciante non solo vince l’appalto ma, come riportava ieri Repubblica, compare tra i visitatori del cantiere anche fuori dall’area destinata alla la sua impresa.
Come è stato possibile che Khan Sultan Wali, nonostante la circostanza del “pizzinno”, abbia potuto vincere un appalto per il G8 e aggirarsi nel luogo che all’epoca pareva destinato a ospitare al vertice mondiale? La segretezza dell’indagine ha impedito lo scambio di informazioni tra intelligence? Il pizzinno del 2005 inizialmente non è stato capito e quindi Khan Sultan Wali non era ancora considerato pericoloso?
L’ipotesi che il quadro iniziale non fosse chiarissimo è rafforzata da un circostanza che in queste ultime 24 ore ha riempito le pagine dei giornali. Durante le intercettazioni disposte nel 2006, la Dda di Cagliari e la Digos di Sassari “catturarono” una conversazione dal contenuto clamoroso. Da essa, infatti, emergevano elementi utili a individuare il covo dove si nascondeva Osama Bin Laden. Ma nessuno all’epoca era in grado di tradurre  i dialoghi in quel dialetto, una variante della lingua pashtun. Un potenziale interprete era stato individuato, ma i pakistani sotto indagine avevano scoperto che stava collaborando con le forze dell’ordine e deciso di eliminarlo. Fuggì. Solo dopo anni fu individuato un altro interprete, la cui identità è rimasta segreta.
Quelle intercettazioni avrebbero potuto cambiare nettamente le tempistiche dell’identificazione del covo di Bin Laden Imitias Khan, pakistano che viveva da anni a Olbia, infatti, domandò alla sorella: “Come sta Osama?”. E la donna gli rispose: “Anche lui sta bene, sta dormendo”. Secondo gli inquirenti si trattava proprio di Osama Bin Laden. Che, cinque anni dopo, fu individuato e ucciso proprio nella zona da cui parlava la sorella del pakistano residente in Sardegna. (Sardinia Post)

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