Maresciallo Infermiere rischia il carcere

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INCREDIBILE

L’imbarazzante storia giudiziaria del maresciallo Emiliano Boi

Denunciò l’uso di acqua contaminata a bordo di Nave Duilio della Marina Militare

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LA SPEZIAEmiliano Boi, 38 anni – nato a Carbonia, ha frequentato il corso di laurea in infermieristica presso la Scuola Marescialli della Marina Militare di Taranto.

Nel 2007 ha pubblicato, assieme ai colleghi Maria Luisa Benini e Paolo Carbonaro, l’opera “Ulcera di Buruli: assistenza a favore della Ricerca – ed. Uniservice“, prima opera italiana che analizza la letteratura scientifica disponibile sul trattamento clinico ed assistenziale dei pazienti affetti da infezione da Mycobacterium Ulcerans, devolvendo i ricavati delle vendite al Centro Anti-ulcere di Buruli di Abidjan, Costa d’Avorio.

Ora, però, dopo il suo successo medico-letterario – il Maresciallo Boi potrebbe dover scontare una condanna sino a cinque anni di carcere militare per aver evidenziato – (nell’esercizio del suo scomodo dovere…) – la presenza di acqua contaminata data a bere all’equipaggio della nave Caio Duilio, in cui era stato imbarcato. E per aver rivelato a Luca Marco Comellini, segretario del Partito dei diritti dei Militari (Pdm), che il laboratorio analisi militare di La Spezia per oltre 10 anni non ha eseguito gli esami previsti dalla legge sulle acque destinate al consumo umano nelle unità navali.

E’ questa in estrema sintesi la scioccante storia giudiziaria del maresciallo infermiere Emiliano Boi, assistito dall’avvocato Giorgio Carta.

Nel 2011 – imbarcato su Nave Duilio – segnalò al suo comandante che le acque destinate al consumo umano di bordo non venivano analizzate secondo i parametri minimi previsti dalla normativa di settore (D.lgs. 31/2001) e per questo potevano costituire un serio rischio sanitario per il personale. “Non mi era mai successo di bere l’acqua autoprodotta da una unità navale ed erogata direttamente nelle mense di bordo ha detto a tiscali.it Boiper cui mi informai immediatamente sulla tipologia di controlli analitici sino ad allora effettuati per stabilirne l’idoneità  e mi resi conto, sin da subito, che i referti del laboratorio analisi militare di La Spezia non tenevano assolutamente conto dei parametri da analizzare stabiliti dalle norme ma facevano riferimento esclusivamente ad una direttiva di Marisan La Spezia non in linea con il d.lgs 31/2001”.

Il comandante della nave “Duilio”, che non aveva preso bene le considerazioni dell’infermiere, inizialmente gli disse addirittura che gli avrebbe comminato 15 giorni di arresti di rigore.

Certo di avere ragione, Boi ha comunque scelto di difendere la salute dell’equipaggio, pretendendo l’esecuzione degli esami stabiliti per legge presso strutture esterne e certificate, ribadendo che presso il laboratorio analisi di La Spezia non erano presenti nemmeno i tecnici di laboratorio.

Il comandante della nave decise  quindi di seguire quanto preteso dall’infermiere, interrompendo l’erogazione dell’acqua nelle mense e disponendo l’acquisto di acqua in bottiglia sino all’esecuzione degli accertamenti presso strutture esterne e accreditate. Il risultato delle analisi, eseguite presso l’Agenzia regionale dell’ambiente ligure, apparve subito sconcertante: fu certificata la non idoneità al consumo umano per la presenza di trialometani ed indrocaruburi, sostanze chimiche altamente volatili e potenzialmente cancerogene, fino ad allora mai ricercate dai laboratori analisi di forza armata.

Della vicenda fu interessato nel 2012 anche il Parlamento, con una interrogazione parlamentare del radicale Maurizio Turco. A rispondere era stato il sottosegretario della Difesa Filippo Milone, che, dopo aver confermato la presenza delle sostanze segnalate da Boi, aveva sostenuto che i controlli eseguiti presso i laboratori analisi militari certificati  erano stati “sostanzialmente” conformi alla normativa.

In riferimento alla vicenda di nave Duilio e ad un successivo allarme legionella su nave Magnaghi nel 2016, fu presentata una seconda interrogazione parlamentare, stavolta dal M5S, alla quale rispose la ministra Roberta Pinotti:Riguardo a quanto avvenuto presso la base della Spezia, si osserva, in linea generale, che presso le strutture sanitarie della Marina vengono effettuati solo i controlli batteriologici, mentre quelli chimico-fisici sono affidati a laboratori convenzionati che dispongono delle strumentazioni idonee”.

Della vicenda si interessò nuovamente Comellini, che replicò alla ministra Pinotti, dalle pagine di tiscali.it, evidenziando la discrepanza delle risposte fornite dal Ministero alle due interrogazioni parlamentari e sollevando seri dubbi sull’effettiva corretta esecuzione dei test sui campioni dell’acqua di bordo, nonchè sul rispetto dei parametri di legge da analizzare da parte del laboratorio analisi militare di La Spezia.

Se da una parte, grazie alla presa di posizione del maresciallo infermiere Boi, i marinai di nave Duilio hanno potuto bere sin da subito acqua in bottiglia, dall’altra i suoi timori non si sono potuti scongiurare: purtroppo un membro dell’equipaggio, attualmente transitato all’impiego civile presso l’arsenale militare di Taranto, ha sviluppato un cancro alle ghiandole salivari e oggi, assistito dall’avvocato Francesco Rondini, chiede al Ministero difesa il risarcimento del danno subito per essere stato costretto a bere quell’acqua di bordo, risultata  poi contaminata da trialometani e idrocarburi mai ricercati dal laboratorio analisi militare in precedenza.

Pur essendo stato indagato dai Carabinieri della Marina militare, per aver trasmesso materiale non classificato al segretario del Pdm, Boi non si è dichiarato pentito.

Ritengo di poter dimostrare di non aver commesso alcun reato militare, ho evidenziato più volte ai miei superiori la problematica ed i rischi derivanti dai mancati controlli sulle acque destinate al consumo umanoriferisce in fine il Maresciallo Boi – …per oltre dieci anni il laboratorio analisi militare di La Spezia non ha effettuato i controlli previsti da D.lgs 31/2001 ed io ho fatto tutto il possibile per  informare il personale, ho agito per la tutela della salute, nell’interesse della collettività, assolutamente cosciente di ciò che è il mio mandato professionale“.

 

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