Protezione Civile. «Prevenzione e pene più severe»
La Nuova Sardegna – Serena Lullia
Per il capo della Protezione civile Curcio l’inasprimento delle sanzioni per reati ambientali deve andare di pari passo con la cultura.
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OLBIA – Nessun dubbio sulla serietà dell’ allerta meteo. E sul piano di intervento scattato con il passaggio del ciclone Mediterraneo. Scuole chiuse, sgomberi delle case al piano terra, strade vietate alle auto. Il capo del dipartimento nazionale della Protezione civile, Fabrizio Curcio, difende i due codici rossi in poco meno di dieci giorni. Nessuna attenuante invece per chi tomba fiumi e canali. Per gli invincibili dell’abusivismo Curcio vorrebbe un inasprimento delle pene.
Prevenzione. Curcio inaugura la campagna nazionale di prevenzione “Io non rischio”. In contemporanea si svolge a Loiri e La Maddalena. «Noi lo diciamo da sempre che la prevenzione è la base – spiega –. Troppo spesso si inizia a parlarne quando si attraversano delle emergenze. Ci aspetta un inverno difficile, in Sardegna come nel resto d’Italia. Bisogna prendere seriamente le allerta meteo con tutte le conseguenze che comportano sulla vita quotidiana. Capiamo i disagi, ma credo siano sopportabili quando c’è di mezzo la salvaguardia della vita umana».
Previsioni serie. Curcio insiste sulla serietà delle previsioni meteo. Fatte non da stregoni delle nuvole, ma da professionisti. «L’allerta meteo non viene determinata da un singolo che improvvisamente decide di far scattare un processo così complesso – afferma –. Parliamo di un processo scientifico, attivato da professionisti riconosciuti a livello regionale e nazionale che si riuniscono, fanno valutazioni complesse, di impatto sul territorio ed emanano un bollettino che riflette lo stato dell’arte della conoscenza. Un meccanismo che comporta delle responsabilità».
Colori e pericoli. Non solo una questione cromatica. Tra le allerta gialle, arancioni e rosse ci sono delle differenze. «In base ai diversi livelli di allerta bisogna pianificare delle azioni sul territorio – aggiunge Curcio –. Alla data dell’alluvione del primo ottobre, di allerta rosse ne erano state emesse tre. Facciamo l’ipotesi che in tutto l’anno ce ne siano dieci. Io credo che una società civile possa permettersi 10 giorni l’anno di riflessione seria su questo tema . Abbiamo poi altri codici. Ma non significa che durante una allerta gialla o arancione possiamo stare tranquilli. Anche questi due codici “minori” possono indicare previsioni di impatto sul territorio con gravi danni alla vita umana».
L’incertezza. Un sistema complesso e imperfetto. «Ci sono fenomeni imprevedibili – afferma il capo del Dipartimento – . Ci sono alcuni tipi di temporali che si autorigerano. L’esposizione al mare poi, aumenta il margine di incertezza. Ma le azioni di autotutela vanno messe in campo al di là delle allerte. Se vedo un fiume che sta crescendo o un sottopasso allagato ne sto alla larga. Allerta o non allerta».
Pene più severe. Più sanzioni e più cultura. Curcio non è stupito dall’ultima scoperta della polizia locale. Un corso d’acqua tombato da un privato senza autorizzazione. «Le persone continuano a non rendersi conto che una azione di quel tipo potrebbe avere effetti devastanti in caso di piena – conclude –. Il tema delle sanzioni in materia ambientale è all’ordine del giorno. L’inasprimento della pena è una possibile strada. Ma serve anche maggiore cultura. Se è vero che dobbiamo essere severi di fronte a un ponte che non doveva essere costruito, allo stesso modo lo dobbiamo essere perché ci sia pianificazione. Insieme queste due componenti contribuiscono alla sicurezza del cittadino. Lavorare in modo aggressivo solo su una parte squilibra il sistema».
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