
Ridateci il “Diritto alla Salute”… Vergogna!

.
LA MADDALENA – E dopo le continue lamentele dei cittadini e l’interpellanza presentata dall’On.le Pierfranco Zanchetta al Presidente Pigliaru e all’assessore alla sanità Arru, sulla recente chiusura dei Reparti di Pediatria e Oncologia, aumentano le proteste dei pazienti isolani ormai esasperati da tutti i disservizi che la Sanità Sarda non riesce a colmare. Il progressivo smantellamento del sistema sanitario di La Maddalena, ha denunciato l’on.le Zanchetta, costringe i malati di cancro agli insopportabili disagi di trasferimenti giornalieri all’ospedale di Olbia per effettuare la terapia oncologica.
Nell’aula del Parlamento Regionale, scrive a proposito in una nota il maddalenino Ammiraglio Giancarlo Orioni – si susseguono mozioni ed interpellanze che sottolineano giornalmente i disservizi del Sistema Sanitario Regionale che attende, dal 25 ottobre del 2017, l’applicazione del Piano di definizione della rete Ospedaliera.
Le parole, le promesse, i piani sanitari si infrangono giornalmente contro una realtà fatta di tagli e di disservizi per gli abitanti dell’Isola.
L’elenco è lungo, incomprensibile e irrazionale.
Le ultime vittime del servizio Sanitario Regionale sono:
- i bambini e le loro famiglie;
- i malati oncologici.
La copertura Pediatrica al Paolo Merlo è stata sospesa sia di giorno che di notte.
Per qualunque esigenza bisogna recarsi ad Olbia affrontando gli insopportabili disagi stagionali dovuti al caldo e al traffico intenso.
Ma cosa ancor più grave è la sospensione dei cicli di terapia oncologica regolarmente effettuati al Paolo Merlo sino a pochi giorni fa e sospesi dall’oggi al domani, comunicando ai malati la possibilità di proseguire la terapia ad Olbia.
Alle terapie debilitanti e alle condizioni dei pazienti, si aggiunge l’aggravio del viaggio!
Ciò ha creato angoscia e disagio tra coloro che combattono questo male, e se ne contano più di cinquanta casi.
Chiediamo a viva voce il ripristino dei servizi sospesi per restituire il diritto alla salute a chi soffre!
.
.
.
.
.
.
.
.
.