Ucraina neutrale. Ora l’Unione Europea si impegni!
I cannoni di Putin li ha caricati anche la Nato. I leader europei non hanno alcuna linea: che coerenza c’è tra la quasi dichiarazione di guerra del Parlamento Ue e la scelta di non inviare truppe pro-Zelensky?
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ROMA – La guerra, dice la Carta delle Nazioni Unite, è la maledizione dell’umanità. Non esistono guerre giuste o sbagliate, ma solo carneficine più o meno riuscite. In circostanze estreme, quali l’autodifesa o la protezione da genocidi e stermini, continua la Carta con il suo articolo 51, è necessario l’uso della forza, anche militare, autorizzato dal Consiglio di sicurezza.
Da ex dirigente Onu, quindi, non posso approvare quanto la Russia sta facendo all’Ucraina da qualche giorno. Mosca è passata da una forma di autodifesa dalle minacce Nato, perpetrate direttamente o tramite il governo ucraino, a una guerra vera e propria, da condannare senza se e senza ma. Ora c’è il rischio che lo scontro finisca con l’assomigliare alle feroci campagne Nato contro la Serbia, l’Iraq, la Libia, l’Afghanistan, costate centinaia di migliaia di vittime. Per rimanere nel campo della legalità internazionale, l’attacco si sarebbe dovuto fermare alla distruzione delle infrastrutture militari ucraine, e doveva essere seguito da un cessate il fuoco e da un negoziato. La sua trasformazione in una guerra è stato un grave errore, favorito peraltro dall’ondata di russofobia che si è scatenata in Europa. L’Ucraina e l’Unione europea hanno in comune una leadership politica inetta, che oscilla in modo irresponsabile tra pace e guerra. La postura aggressiva assunta dall’Unione verso la Russia non è credibile. Perché segue lunghi periodi di remissività e di accondiscendenza, non è condivisa dai cittadini europei e svanirà di fronte allo sviluppo degli eventi o come effetto di un contrordine americano.
I leader europei sembrano compatti, ma non hanno in realtà alcuna linea. Quale coerenza esiste tra la quasi dichiarazione di guerra alla Russia appena votata dal Parlamento europeo e la decisione di non inviare forze militari in Ucraina?
Mandare un po’ di missili e munizioni a Kiev e raccontare che in questo modo si rovesciano le sorti di una guerra il cui esito è segnato al 95%, è solo un esercizio di irresponsabilità. Serve a indurire ulteriormente la Russia, esasperare il conflitto e rendere più arduo il negoziato che lo concluderà. Non si minacciano guerre che non si possono fare. Se non si vuole intervenire militarmente contro la Russia perché non si è pronti a un massacro convenzionale a tutto campo suscettibile di trasformarsi in un fungo atomico, occorre trarne le conseguenze e percorrere altre strade. La strada delle sanzioni non porta da nessuna parte. Non ha funzionato quasi mai, e non funzionerà contro il Paese più autosufficiente del Pianeta. La Russia è pochissimo indebitata, dispone di ingenti riserve finanziarie e di un territorio che è il più vasto e il più ricco di risorse naturali del mondo. E Cina, India e il resto dei Brics sono pronti a comprare dai russi tutto ciò che l’Europa cesserà di comprare.
La strada del negoziato è obbligata. Ed è nelle mani dell’Europa. I suoi capi potrebbero porre fine al conflitto in corso dimostrando solo un po’ di coerenza. Francia e Germania si sono opposte lungo gli ultimi venti anni all’ingresso dell’Ucraina nella Nato. E hanno appena confermato questa posizione non inviando truppe in Ucraina. Nello stesso tempo, però, hanno fomentato un colpo di Stato anti-russo in Ucraina nel 2014, hanno patrocinato l’accordo di Minsk tra Kiev e due regioni dell’Ucraina orientale abitate da russi per poi girare le spalle di fronte al suo sabotaggio da parte del governo ucraino, e hanno partecipato, pochi mesi fa, a manovre militari Nato provocatorie verso la Russia.
La Russia ha letto ciò come l’epilogo di una lunga storia di inganni e di doppiezze. Caduta l’Urss e disciolto il Patto di Varsavia, le potenze occidentali offrirono al Cremlino ampie assicurazioni che la Nato non si sarebbe espansa verso Est. Ma non si fece alcun trattato, perché le due parti non lo ritennero necessario, visti i rapporti di cooperazione e di amicizia che sembravano essersi stabiliti tra gli ex-nemici. E per un paio di anni dopo il 1989 la Nato stessa sembrò avere i giorni contati.
I russi avevano temuto da lungo tempo le invasioni dall’Ovest, che fosse Napoleone, Hitler o la Nato. I maggiori esperti americani di Russia, dal mitico George Kennan a Henry Kissinger, tutti rigorosamente conservatori, furono unanimi nel ritenere che i timori russi erano fondati e che la loro richiesta di garanzie di sicurezza era legittima. L’allargamento della Nato verso Est, quindi, era per loro un’idea unnecessary, reckless and provocative.
La musica cambiò tra la fine della Belle Époque clintoniana e l’arrivo di George Bush e soci. Si usarono subdoli argomenti per sostenere che gli accordi sulla Nato c’erano stati, ma non erano vincolanti. E si continuarono ad ammettere nell’Alleanza, uno dopo l’altro, tutti i Paesi a Est della Germania. Fino ad arrivare, con le Repubbliche baltiche, ai confini stessi della Russia.
I cannoni russi sono stati caricati, perciò, dalla Nato. La Russia si è sentita accerchiata e minacciata in un interesse strategico vitale. E quando ha ritenuto che forze straniere intendono trasformare una delle tre nazioni fondanti dell’identità culturale-religiosa e politica del suo popolo – l’altra è la Bielorussia – in una entità anti-russa militante, è intervenuta, purtroppo, con la forza. La forza oscena e assurda della guerra occidentale.
La soluzione? Visto che nessuno ha intenzione di iniziare il terzo conflitto mondiale, l’unica strada percorribile è un accordo che fornisca alla Russia le garanzie di sicurezza che richiede senza successo da trent’anni, in cambio della cessazione dell’attacco e di un impegno a lungo termine per il rispetto della sovranità dell’Ucraina.
Ciò può avvenire per iniziativa europea, deve includere la ripresa degli accordi di Minsk, e anche la creazione di uno status di neutralità dell’Ucraina. Non è più tempo di manfrine.
L’Ucraina ha diritto alla sua sovranità. La Russia non deve più sentirsi in pericolo. E i leader Ue avrebbero un’occasione per mostrare un po’ di serietà e senso di responsabilità.
(Pino Arlacchi)
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