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Urbanistica e Caccia. La Corte Costituzionale boccia il ricorso dello Stato contro la Regione Sardegna

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REDAZIONE – La Corte Costituzionale, con propria sentenza, ha respinto il ricorso del Governo che aveva impugnato alcune norme in materia di urbanistica e caccia contenute nella legge regionale 17 del 22 novembre 2021, sulle “disposizioni di carattere istituzionale-finanziario e in materia di sviluppo economico e sociale”.

Il Governo sosteneva che l’articolo 13 della legge, commi 60 e 61, nel consentire interventi “di trasformazione del territorio al di fuori del contesto pianificatorio condiviso con lo Stato”, non rispetterebbe il principio della gerarchia degli strumenti di pianificazione dei diversi livelli territoriali e quindi sarebbe lesivo della competenza statale in materia di tutela del paesaggio.

I giudici della Consulta, invece, hanno ricordato che la competenza del legislatore sardo in materia di edilizia e urbanistica non comprende “solo le funzioni di tipo strettamente urbanistico, ma anche quelle relative ai beni culturali e ambientali”. Ed è perciò consentito l’intervento regionale nell’ambito della tutela paesaggistica, secondo quanto stabilito nelle norme di attuazione dello Statuto speciale.

La Corte, quindi, ha dichiarato così non fondate le questioni di legittimità costituzionale promosse dallo Stato contro il comma 60 dell’articolo 13 della legge Regionale, nel quale è previsto che, nelle more dell’approvazione dei piani di risanamento urbanistico e dell’adeguamento del Piano urbanistico comunale al Piano paesaggistico regionale, i Comuni possano rilasciare il permesso di costruire o l’autorizzazione in sanatoria, a fronte di specifica istanza e del rispetto di condizioni procedurali ed economiche stabilite: “la legge regionale ha modificato taluni delicati aspetti della disciplina, rendendo possibile il rilascio dei titoli anche in assenza del piano attuativo in parola ed eliminando, così, il rapporto di subordinazione tra piano e sanatorie edilizie. Tale scelta, tuttavia, non incide negativamente sui tempi di adeguamento degli strumenti urbanistici comunali al Ppr, che rimangono fermi”.

“L’esame del merito – sottolineano i giudici – è precluso dalla carenza di motivazione di talune censure, come eccepito dalla difesa della Regione e dai profili di contraddittorietà che caratterizzano l’illustrazione delle ragioni dell’impugnativa”.

La Corte Costituzionale, infine ha bocciato anche l’impugnazione dell’articolo 39 (comma 1, lettera b), sempre della legge 17/2021. Con la norma in questione era stata modificata la legge regionale 23 del 1998 (la legge sulla caccia) introducendo un comma secondo il quale “i caricatori dei fucili ad anima rigata a ripetizione semiautomatica non possono contenere più di due cartucce durante l’esercizio dell’attività venatoria ad eccezione della caccia al cinghiale per la quale possono contenere fino a cinque cartucce. Nel ponderare l’interesse dei cacciatori a dotarsi di strumenti di caccia efficaci e l’interesse generale alla protezione della fauna selvatica – è scritto nella sentenza che dichiara non fondato il ricorso del Governo – la disciplina censurata non estende il proprio ambito di operatività oltre aspetti attinenti all’uso degli strumenti utili all’esercizio dell’attività venatoria, così evitando di invadere la competenza generale dello Stato sull’utilizzo delle armi da fuoco”.

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